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Categorie: Sport

L’Indiscreto incontra Alberto Zaccheroni ‘Il calcio italiano va rifondato’

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michael

di Paola Verolini
Cesenatico, terrazza dello stabilimento balneare Marè. Un'oasi di tranquillità dove Alberto Zaccheroni, per tutti ‘Zac’, sta trascorrendo l'estate insieme alla famiglia

,  reduce dalla positiva esperienza internazionale con il Giappone. “Questo mare mi mancava – dice guardando la spiaggia – in Giappone c’è, ma non è la stessa cosa”. Si siede, ordina un eccellente rombo e si lascia andare tra ricordi e aneddoti. “Là ho vissuto un’altra vita. Ho trascorso un periodo meraviglioso. Il tenore di vita è molto alto, è tutto molto pulito e ben organizzato. La gente è gentile e cordiale. Quando sono partito, al momento del saluto ho detto “grazie di tutto ma non ho capito perché mi avete pagato. Probabilmente vi avrei dovuto pagare io”.

Poi è tornato in Italia e all’improvviso il suo nome era in pole position per la panchina da ct della nazionale italiana. La scelta, però, è caduta su Conte. Se lo aspettava? “Non mi aspettavo nulla, anche perché non sapevo di essere un candidato. Certo, quando leggi i giornali ci pensi ma ero convinto che la scelta sarebbe ricaduta su Allegri”.

Cosa pensa di Antonio Conte? “Ha vinto tre campionati, è un grande motivatore, ha dimostrato di essere molto preparato, anche nella gestione degli uomini ed ha una buona duttilità tattica. Evidentemente i vertici della FGIC, in una situazione come quella di oggi, hanno fatto, secondo loro e anche secondo me, la scelta migliore".

Crede che il nuovo Presidente Tavecchio riuscirà a sollevare le sorti del calcio italiano? "Mi auguro come ce lo auguriamo tutti. Il calcio italiano non sta vivendo un buon momento ed ha bisogno di essere rifondato. Confido, dunque, in chi deve tracciare la linea della crescita. Tavecchio è un dirigente di grande esperienza. Ha guidato bene la Federenzione della Lega Calcio e quindi può cambiare le cose”.

Di cosa avrebbe bisogno, secondo lei, il calcio in Italia? "Diffondere la cultura sportiva e alimetare, a partire dalle scuole. Poi bisogna lavorare molto sulla crescita dei giocatori, sia sul piano tecnico,  fisico e tattico. Di talenti in Italia ce ne sono, ma purtroppo, hanno troppo poco spazio".

Cosa differenzia il calcio italiano da quello Giapponese? "Sul piano culturale si sono dieci mila chilometri di distanza e si sentono tutti. Da loro c'è un rispetto per il prossimo che non ha eguali in nessun altra parte del mondo. Glielo inculcano sin da bambini. Non esitono rapine o furti. Sul campo si gioca un calcio meno intenso. Difficilmente fanno fallo. Sono più corretti di noi, anche perchè fa parte della loro cultura".

Al di là delle vittorie e dell'esperienza umana, cosa ricorda con grande piacere della sua esperienza nipponica? "La federazione ha chiesto al nuovo allenatore di "sposare" il mio modello di  calcio. Continuare, cioè sulla mia strada. Questo, per me, è motivo di grande orgoglio".

Che programmi ha per il suo futuro? Mi godo il mare, la spiaggia, i turisti, aanche se il tempo non ha aiutato. Spero in un  settembre migliore. Poi mi muovo. Non ho perso la mia passione per il calcio".

Ha allenato grande squadre come Inter, Milan, Juventus, Torino, Lazio e Udinese, le manca la Roma. “Di grandi squadre ce ne sono molte. Diciamo che attendo una chiamata intrigante”.

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