Maxi frode fiscale: indagate 30 persone, 11 ai domiciliari

RECANATI – Smantellata un’organizzazione criminale dedita alle frodi fiscali.

Eseguite stamane decine di perquisizioni e sequestri di beni per 41 milioni di euro. 30 persone indagate, di cui 11 colpite da misure restrittive della libertà personale disposte dal G.I.P. del Tribunale di Macerata, su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Scattata stamattina, alle prime ore dell’alba, una vasta operazione, denominata “Ghost Tax”, a contrasto delle grandi frodi fiscali, che ha visto impiegati circa 150 militari, oltre che del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Macerata, anche di numerosi altri Reparti del Corpo in sette regioni (Marche, Puglia, Lazio, Toscana, Campania, Veneto e Lombardia).

I finanzieri, al termine di un’articolata attività investigativa durata oltre un anno, hanno dato esecuzione a 51 perquisizioni domiciliari e locali nei confronti di 30 indagati, 11 dei quali sottoposti alla misura cautelare personale degli arresti domiciliari. Ammonta ad oltre 41 milioni di euro, il provvedimento di sequestro preventivo di beni emesso dal GIP di Macerata, su richiesta della Procura.

Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Macerata, Dott. Giovanni Giorgio e dalle due Sostitute Procuratrici, addette alla trattazione specializzata di reati tributari, hanno permesso di disvelare e disarticolare un’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, che aveva il suo fulcro a Recanati (MC), presso lo studio di un professionista, e ramificazioni in diverse regioni italiane. L’organizzazione, diretta e partecipata da professionisti con specifiche competenze tecnico-giuridiche, aveva studiato e messo a punto una particolare frode fiscale attuata mediante l’illecita compensazione di crediti IVA inesistenti.

Secondo l’ipotesi accusatoria accolta dal competente gip del Tribunale di Macerata, Domenico Potetti, in prima battuta il sodalizio ricercava ed acquisiva imprese in decozione, affidandone la rappresentanza legale a prestanomi fidati e trasferendo fittiziamente la sede in grandi centri urbani, perlopiù – come accertato – presso meri recapiti postali. Una volta costituito il falso credito IVA, le aziende venivano generalmente poste in liquidazione, in modo da conferire una parvenza di normalità all’accollo di debiti tributari di terzi. Nello stesso tempo il sodalizio, attraverso i suoi compartecipi, si adoperava per procacciarsi i soggetti “clienti” – ad oggi individuati in oltre 200, dislocati in tutto il territorio nazionale – con cui effettuare la compensazione del debito tributario.

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