Covid: Cgil, 67mila contagi lavoro, 1.641 casi e 12 i morti Marche

Oltre 67 mila contagi da coronavirus sul posto di lavoro in Italia tra la fine di gennaio e il 31 ottobre cui 1.641 nelle Marche dove si registrano 180 casi in più rispetto al mese precedente. Emerge dai dati Inail sugli infortuni denunciati, elaborati dalla Cgil Marche.

Sono le donne quelle più colpite e rappresentano il 69,6% dei contagiati. In Italia 332 morti sul lavoro per Covid sono stati 332, concentrati nella fascia di età over 50; nelle Marche sono stati 12, il 3,6% del totale nazionale. “Dopo il rallentamento post lockdown, – dichiarano Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche e Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche, responsabile della salute e sicurezza sul lavoro – con la seconda ondata della pandemia tornano a crescere i contagi sul lavoro”.

I più colpiti dal contagio sono infermieri, medici, operatori socio-sanitari, operatori socio-assistenziali e personale non qualificato dei servizi sanitari. Il settore più interessato è quello della sanità e dell’ assistenza sociale e cioè ospedali, case di cura e di riposo, dove si concentra il maggior numero dei casi. Seguono altre amministrazioni pubbliche, attività di trasporto e magazzinaggio (corrieri, conduttori, impiegati) e servizi a imprese (addetti a pulizie, vigilanza ecc.) e attività manifatturiere. Le province più colpite sono Pesaro e Urbino (36,2% dei casi), Ancona (31,6%); poi Macerata (18,8%), Fermo (8,6%) Ascoli Piceno (4,8%).
Alla Cgil vengono segnalati, anche nelle ultime ore, molti casi di conviventi di persone con sintomi che, lasciate per giorni in attesa di essere sottoposte a tampone, rimangono senza indicazioni precise sulla necessità di isolamento con le conseguenze legate alla loro condizione di lavoro e ai rischi per la collettività”. “Chiediamo a Regione e ASUR di conoscere quali sono gli atti che regolano le procedure di tracciamento dei contatti e la gestione dei casi di positività nei luoghi di lavoro, – concludono per garantire innanzitutto coerenza e uniformità nel loro trattamento ed evitare il diffondersi di focolai nei luoghi di lavoro”.

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