Fincantieri, Fiom: “Operaio bengalese aggredito e gravemente ferito alla testa”

Non è stato un infortunio sul lavoro, ma “un’aggressione” ai danni di un operaio bengalese, dipendente di una ditta appaltatrice, trovato con un grave ferita alla testa nello stabilimento Fincantieri la scorsa settimana. E’ l’opinione trapelata durante la manifestazione, due ore di sciopero e un presidio nel porto, organizzata dai sindacati Fiom Cgil e Uilm Uil, che ha registrato una massiccia adesione da parte di lavoratori di Fincantieri e delle ditte appaltatrici.

Sul fatto la Procura di Ancona ha aperto un fascicolo d’indagine contro ignoti, per lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche e la Squadra Mobile sta indagando.

“È stata una aggressione – dice Tiziano Beldomenico, segretario generale della Fiom Cgil -, la sensazione è che non si tratti di un infortunio sul lavoro, ma di una aggressione maturata nell’ambito del fenomeno più volte da noi denunciato, quello del caporalato. Emerge dai primi rilievi fatti sulla sicurezza del posto di lavoro. Era lontano dal blocco dove lavorava, lì non ci sono scale vicine e lui era in una pozza di sangue. Prima di svenire avrebbe detto delle frasi in bengalese, che sono state tradotte con ‘mazzetta-mazzetta’…”, forse lo strumento usato per colpirlo. Questa mattina i colleghi hanno chiesto ai sindacati notizie sulle condizioni dell’operaio, un saldatore che lavora per una ditta esterna a Fincantieri, in prognosi riservata all’ospedale di Torrette. Circa 3.000 le adesioni allo sciopero, indetto contro l’illegalità che si celerebbe dietro la catena dei subappalti.

“E’ stato uno sciopero sentito – conferma Beldomenico -, anche se indetto da due sole sigle. E’ un brutto episodio mai successo in un cantiere. In passato – aggiunge – abbiamo raccolto le confidenze di operai percossi e aggrediti fuori dal cantiere, perché non sottostavano al caporalato, ridando al datore di lavoro buona parte dello stipendio preso, ma poi quando si trattava di sporgere denuncia si rifiutavano per paura di perdere il lavoro e quindi anche il permesso di soggiorno. Bisogna trovare il modo di fare emergere questi episodi e di fermarli”.

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